venerdì 30 aprile 2010

Adottare un bambino non è come andare al mercato!

adozione
E’ giusto che le coppie di futuri genitori adottivi abbiano la possibilità di indicare le preferenze circa l'età, lo stato di salute, l'etnia (o altro ancora) del minore!? Negli ultimi giorni questa domanda ha attirato l'attenzione di molti, in seguito al pronunciamento della Cassazione a favore dell’esposto presentato da Ai.Bi. (un Ente Nazionale) contro i cosiddetti decreti “vincolati”.


 

In tutti i decreti di idoneità, rilasciati dai Tribunali per i minorenni italiani, si parla della predisposizione della coppia ad accogliere alcune caratteristiche del futuro figlio: veri e propri vincoli per la futura adozione. In genere si legge più o meno così: " La coppia si dichiara disponibile ad adottare .... (1, 2, o più) minore/i, di età compresa tra i ... mesi/anni e i ... mesi/anni con problemi psico-fisici reversibili. Risulta idonea per l'adozione internazionale". Talvolta si può anche leggere " la coppia non si dichiara disponibile ad adottare minori neri o di etnia non europea". Una lista della spesa, a volte scritta da persone con idee razziste, che mi verrebbe subito voglia di stracciare e buttar via. Credo, tuttavia, che sia un argomento delicato e che sia opportuno non arrivare a conclusioni avventate.

Ho sempre provato un pò di fastidio per questa possibilità di scelta e per l'ostinazione di alcune coppie: quasi tutti vogliono bambini piccoli, sani e, possibilmente, con tratti somatici non troppo diversi da quelli italiani. Forse non sembrano richieste tanto strane ma cambierebbe qualcosa se vi dicessi che, nei paesi dov'è attiva l'adozione internazionale, i bambini sono tutti grandicelli (oltre i 4 anni), presentano un ritardo psico-motorio e del linguaggio legato allo stato di abbandono e hanno, in molti casi, problemi di salute dovuti alle loro condizioni di vita?! Che ne sarebbe di tutti questi bambini se si scegliessero sempre quelli non troppo diversi?!
Ma poi, si può anche arrivare ad accettare facilmente l'indicazione dell'età o la mancata predisposizione alla malattia ma quando si tratta di preferenze sulla "razza" proprio non ci si riesce. Chi pensa che, adottando un bambino russo o ucraino (cioè bianco, biondo e con gli occhi azzurri), possa più facilmente nascondere le differenze non è proprio sulla buona strada: innanzitutto perchè la diversità non è qualcosa di cui vergognarsi e poi perchè di certo non si limita al colore della pelle, ai tratti somatici o all'aspetto fisico. Oltretutto, non è detto che non si possano trovare bambini di etnie diverse in Russia o in Ucraina, come in Italia (le coppie miste sono sempre più numerose). Sulla base di queste riflessioni semplici e forse superficiali ma, credo, ragionevoli, si potrebbe rispondere alla domanda iniziale con un "no, non è giusto!".

La questione, tuttavia, non è così ovvia perchè, per tutelare il benessere del bambino, bisogna tener conto dell'effettiva disponibilità e capacità della coppia. Come vivrebbe un minore con due genitori che non ne accettano le peculiarità? E, d'altra parte, come si può chiedere alla coppia che affronta un percorso molto complesso come quello dell'adozione, di avere un'apertura totale ed essere pronta a tutto? Forse non è realistico e neanche produttivo. Credo, invece, che la cosa importante sia lavorare molto con le coppie sulle motivazioni, sentimenti e fantasie che sottendono la loro scelta adottiva, ancora prima di arrivare al decreto di idoneità, al fine di comprendere se abbiano realmente la capacità di farsi carico delle differenze culturali, linguistiche e somatiche che costituiscono l'essenza dell' adozione internazionale.
Partendo, dunque, dal presupposto che l'adozione non è come andare al mercato per scegliere ciò che si preferisce e che persone con idee razziste non siano adatte a tale percorso, forse la domanda da fare non è chiedersi se è giusto che si esprimano delle preferenze ma che significato esse assumono le per la singola coppia.

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